QUEST’OPERA
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Peter Hawkins è titolare della Cattedra di Psicologia della salute presso la Sunderland University (Regno Unito) e professore a contratto presso varie Università in Spagna, Grecia, Romania e Kyrgyzstan. E’ docente dell’Istituto per le Psicoterapie Brevi di Roma ed esaminatore esterno per master in Counselling Psicologico, Psicologia della Salute e Ipnosi Clinica in varie Università del Regno Unito e dell’Irlanda. Il suo campo specifico di interesse è l’ipnosi clinica/medica, che ha presentato con workshops e conferenze nella maggior parte dei paesi europei, compresa la Russia. I suoi lavori sono stati tradotti in moltissime lingue. Ha, inoltre, coordinato svariati progetti europei di rilievo, tra cui un progetto Erasmus in Terapie Psicologiche e vari progetti in Counselling Psicologico in Romania.
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Sebbene
non abbia mai avuto un forte impatto sulla filosofie e sulle tecnologie mediche,
l’ipnosi
ha fatto sempre parte della cultura medica, influenzandola su un
piano implicito. La popolarità dell’ipnosi cresceva per poi impallidire, dai
“templi della guarigione” dell’antica Grecia (ad esempio il tempio di
Epidauro), fino a tempi più recenti, in particolare nell’opera di Mesmer,
Braid, Elliotson, Charcot e Freud, solo per fare alcuni nomi.
Anton Mesmer (1733-1815) è generalmente riconosciuto come il padre
dell’ipnotismo. Mesmer parlava di magnetismo animale, di fluidi universali nel
corpo sano, di magnetizzazione di oggetti inanimati come legno, metallo e acqua,
dell’importanza di allisciare il corpo (“passi”) per magnetizzare il
paziente, dell’influenza dei pianeti sull’uomo e di tanti altri strani
fenomeni. Proprio mentre parlava e scriveva di queste idee insolite, Mesmer
otteneva alcune guarigioni sbalorditive
e drammatiche. Tali guarigioni, spesso in individui che non erano guaribili con
gli approcci medici tradizionali, si verificarono come risultato di una
“crisi” provocata dalla procedura dell’“induzione ipnotica”. La
caratteristica centrale dello studio di Mesmer era il “baquet”,
un aggeggio considerato il punto focale dei fluidi magnetici, che consisteva in una grande vasca di legno di quercia
riempita con limatura di ferro, acqua e polvere di vetro. La vasca era dotata di
un certo numero di barre di ferro sporgenti con cui il paziente poteva ottenere
il flusso magnetico, di solito diretto alle aree doloranti. C’erano, spesso,
fino a trenta barre di ferro e quindi altrettanti pazienti potevano essere
magnetizzati simultaneamente. Lo stesso Mesmer aggiungeva solennità alla
situazione, non solo usando la musica adatta, ma anche girando, con fare
maestoso, in morbidi abiti di seta e tenendo in mano una bacchetta! Egli passava
tra i pazienti, ne toccava alcuni, faceva “passi” ad altri con la sua
bacchetta, e a volte fissava i pazienti con lo sguardo e ordinava loro di
dormire. A poco a poco i singoli pazienti si facevano irrequieti e agitati fino
allo scatenarsi di una “crisi”. Solitamente avveniva che un paziente
urlasse, cadesse in preda a sudori e convulsioni per poi essere seguito dagli
altri, fino a che la maggior parte dei presenti non dava sfogo alle emozioni. Mesmer sosteneva che il magnetismo
animale produceva la crisi, ma che la guarigione era poi influenzata dalla
crisi. Va notato, inoltre, che Mesmer creava un’atmosfera di fiducia
stabilendo una buona relazione con i pazienti, permettendogli così di
“abbassare le difese” di modo che potesse avvenire la scarica. Doveva anche
aver capito che gli stati emotivi sono “contagiosi” e che era necessaria una
certo dose di aspettativa. Più avanti, nel secolo diciannovesimo, Elliotson e
Esdaile, tra gli altri, diffusero le proprietà anestetiche del magnetismo,
piuttosto che le “crisi” indotte da Mesmer.
Elliotson pubblicava una propria rivista, lo “Zoist” in cui erano
estensamente riportate le affermazioni di medici di aver eseguito numerose
operazioni chirurgiche indolori usando il mesmerismo. Ad ogni modo, la teoria
del “magnetismo animale” fu totalmente rifiutata dall’Abate Faria (Faria
1906) e poi da James Braid (1843). Faria capì che la suscettibilità ipnotica
non dipende da alcun particolare potere dell’ipnotista, bensì poggia quasi
interamente sulla naturale capacità del paziente. Buona parte della teoria di
Faria era comunque fallace in quanto basata su idee errate di fisiologia. Braid
, introdotto al “mesmerismo”
da
Lafontaine, che nel 1841 viaggiava per il Regno Unito tenendo conferenze,
sviluppò interesse
per l’opera di Elliotson. Braid rifiutò l’idea del magnetismo e
sviluppò la sua teoria dell’aumentata suscettibilità e suggestionabilità.
Nel 1843 pubblicò il testo intitolato “The rationale of Nervous Sleep
considered in relation with Animal Magnetism” e “dalla neuroipnologia alla
ipnologia” fu derivata la parola ipnosi (Waxman 1986, p.4). Nei suoi primi
studi scientifici, Braid pensò dapprima che l’induzione ipnotica raggiungesse
una condizione particolare del sistema nervoso che in qualche modo era collegata
a certe guarigioni tramite la suggestione. In seguito, egli rifiutò sia questa
sia altre spiegazioni fisiologiche dell’ipnosi, enfatizzando quasi
esclusivamente i fattori “mentali”. La teoria dell’inibizione neurale non
fu mai completamente rigettata, sebbene da sola sia stata spesso considerata
insufficiente. Successivamente,
Ivan Pavlov estese ampiamente la teoria dell’inibizione neurale nella sua
concezione della fisiologia del sonno come stato di progressiva inibizione
corticale (questa teoria è risultata essere abbastanza esatta nelle sue linee
generali, anche se non nei dettagli). Nei suoi scritti successivi, Braid (1846,
1855) abbandonò larga parte delle sue precedenti teorie fisiologiche e trattò
maggiormente gli aspetti psicologici dell’ipnotismo, dimostrando che i
fenomeni osservati erano il prodotto dell’immaginazione del paziente
potentemente influenzata dalle suggestioni, sia deliberate, sia accidentali,
del terapista. Negli
anni tra il 1880 e il 1890 infuriò la controversia tra le due scuole di ipnosi
rappresentate rispettivamente da Charcot a Saltpêtrière
e da Bernheim all’Università di Nancy. Bernheim sosteneva che l’ipnosi era
il risultato della suggestione e insisteva che le persone normali potessero
essere ipnotizzate. Inizialmente egli aveva derivato le sue idee da Liébault
che riscuoteva notevole successo curando i pazienti con la suggestione in
ipnosi. Bernheim introdusse il concetto di livello di ipnosi: un soggetto può
essere leggermente, moderatamente o profondamente ipnotizzato, e fornì una
scala con nove gradi di ipnosi. Charcot, d’altro canto, sviluppò una teoria
patologica e suggerì che l’ipnosi era simile all’isteria e che entrambe
erano il prodotto di un sistema nervoso malato. Nel 1882 Charcot presentò alla
Academie des Science una relazione sull’ipnotismo in cui descriveva
dettagliatamente lo stato di trance. Questo evento mise im moto un profondo
mutamento nell’atteggiamento negativo nei confronti dell’ipnosi diffuso
nella Francia dell’epoca. Nel 1884 e nel 1885 Charcot riuscì a provocare
“artificialmente” delle paralisi non organiche attraverso l’ipnosi.
Inoltre, egli aprì il campo alla svelamento delle memorie inconscie nei suoi
studi sull’amnesia dinamica, in cui dimostrava che i ricordi dimenticati
potevano essere recuperati in ipnosi. Le dimostrazioni di Charcot sull’isteria
e l’ipnotismo influenzarono profondamente Freud durante il suo soggiorno a
Parigi. Successivamente Freud, che insieme a Joseph Breuer fu il padre dei
concetti di regressione ipnotica e psicoterapia dinamica,
rigettò l’ipnosi a favore della nuova scuola di psicoanalisi. Ciò
ebbe un effetto profondamente negativo sul successivo sviluppo dell’ipnosi. Da
principio, Sigmund Freud aveva studiato presso Charcot e fu molto interessato
all’ipnosi per un lungo periodo della sua vita. Nel 1889 egli passò dalla
visione di Charcot a quella della scuola di Nancy, che enfatizzava la
suggestione più che l’isteria, in quanto egli era convinto che i pazienti
traessero beneficio dal recuperare, in ipnosi, i ricordi rimossi. Sembra che
Freud fosse un pessimo ipnotista e che si limitasse a uno stile autoritario di
induzione. Nel 1896 Freud rigettò il rituale dell’induzione ipnotica in
quanto non necessario e troppo suscettibile di suscitare delle indesiderate
avances amorose da parte delle pazienti (“transfert” e teoria dell’ipnosi
come relazione di dipendenza
erotizzata). Freud sostituì la procedura dell’ipnosi con la semplice
imposizione delle mani sulla fronte del soggetto, per favorire lo stabilirsi di
quella che riteneva essere la giusta relazione sociale del medico con ascendenza
sul paziente. Ecco come egli descrive l’uso del modello di Bernheim per avere
accesso all’inconscio ed eliminare i sintomi: “questo
esperimento sorprendente e istruttivo mi è servito da modello. Decisi di
partire dall’assunto che i miei pazienti conoscono tutto ciò che ha un
qualche significato patogenetico e che é solo questione di costringerli a
comunicarlo. E
questo proprio quando ero arrivato al punto in cui, dopo aver interrogato un
paziente con domande come “Da quanto tempo hai il sintomo?” oppure “Qual
è la sua origine?” mi ero trovato di fronte alla risposta “Davvero non lo
so”. Andavo
avanti nel modo seguente. Poggiavo
le mani sulla fronte della paziente,
oppure le prendevo la testa fra le mani e dicevo: "Ci penserai sotto la
pressione della mia mano. Nel momento in cui mollerò la pressione, vedrai
qualcosa di fronte a te o qualcosa ti verrà in mente. Trattienila. E’ ciò
che stiamo cercando. – Bene, cosa hai visto o cosa ti è venuto in mente? (Breuer
e Freud 1895/1957, p.110). Freud,
poi, prosegue con lo spiegare il suo metodo della pressione delle mani come una
forma di “comunicazione” che
“potrebbe essere sostituita da qualsiasi altro segnale o altro esercizio di
influenza fisica sul paziente… per una ipnosi “momentanea”
intensificata”. L’enfasi sulla
comunicazione, anziché che sulla suggestione, rappresenta il principale
cambiamento di focus dalla suggestione ipnoterapeutica al lavoro ipnoterapeutico
(cioè l’uso ideodinamico del linguaggio e dei segnali mente-corpo) che è
stato al centro dell’attenzione negli ultimi tre decenni (Rossi 1996, p.184). La
teoria psicoanalitica suggerisce che l’ipnosi sia uno stato di regressione
parziale in cui viene meno al paziente il controllo presente nella veglia
cosciente, e quindi il paziente agisce seguendo gli impulsi e si assorbe nella
produzione di fantasie. C’è l’idea che l’ipnosi provochi una regressione
dei processi di pensiero a uno stadio più infantile. Fantasie e allucinazioni
in ipnosi sono indicatori di una modalità di pensiero primitiva non censurata
dai livelli superiori di controllo (Gill 1972). Ellenberger (1970) discute i
numerosi cambiamenti culturali, sociali, politici e scientifici che hanno
portato al declino di quella che chiama “la prima psichiatria dinamica” del
diciannovesimo secolo, imperniata sull’ipnotismo.
Un momentaneo ritorno di interesse per l’ipnosi fu poi portato dal verificarsi
di numerosi casi di disturbi funzionali nella 1a Guerra Mondiale.
J.A. Hadfield ha usato la
regressione di tipo freudiano per permettere ai soldati di rivivere le loro
esperienze di battaglia in ipnosi ed ha coniato il termine “ipnoanalisi”. Se
al giorno d’oggi la medicina, pur con delle riserve, accetta l’ipnosi, è
dovuto all’opera dei pionieri
della ricerca sperimentale sull’ipnosi, all’opera a partire dagli anni
‘20-’30 del XX secolo. Tra questi primi ricercatori, Clark Hull e il suo
allievo Milton Erickson sono state le figure più notevoli. L’opera di Hull
del 1933 sulla ricerca scientifica nel campo dell’ipnosi
(“Hypnosis and Suggestibility”) è a tutt’oggi considerata un
classico. In
seguito Erickson si trovò in disaccordo con Hull rispetto all’approccio di
base, in quanto egli enfatizzava i complessi processi interiori soggettivi che
operano nell’ipnosi, piuttosto che
i correlati misurabili e le procedure standardizzate di cui Hull era fautore.
Hull continuò per la sua strada con contributi notevoli alla teoria
dell’apprendimento, mentre Erickson sarebbe diventata la figura a tutt’oggi
più strettamente associata all’ipnosi clinica. Nell’ipnosi
clinica si verificò un graduale allontanamento dalle tecniche dirette
di induzione ipnotica. Ciò
è evidente nell’opera di Freud, come abbiamo già visto, ma anche in Jung
(1902/1957) e in Perls et al. (1951). Al riguardo, Rossi commenta così: “consideriamo ciascuna delle loro principali innovazioni -le libere associazioni, l’immaginazione attiva e il dialogo gestaltico- blandi rituali di induzione che evocano una stato particolare di comunicazione e aspettative terapeutiche, il quale sposta il locus of control dall’autorità del terapeuta alla creatività inerente al paziente. Tutti questi nuovi rituali di induzioni conservano delle tracce dell’ipnosi naturalistica (pag.191). Erickson, pur avendo adottato una gran varietà di suggestioni dirette nel corso della sua carriera, è stato un pioniere nell’uso delle suggestioni indirette per “utilizzare il sistema di convinzioni del paziente e le sue risorse interne” (Erickson e Rossi, 1979, pag.119). Erickson e Rossi consideravano l’ “implicazione” l’elemento essenziale nelle dinamiche della suggestione, “in quanto non è importante tanto quello che dice il terapeuta, quanto, piuttosto, quello che il paziente fa con ciò che il terapeuta dice”. Nel
formulare le implicazioni psicologiche è importante capire che il terapeuta
fornisce solamente uno stimolo e che l’aspetto ipnotico delle implicazioni
psicologiche è creato a livello inconscio dall'’ascoltatore. Erickson, Rossi
e Rossi (1976) affermano che "l’aspetto più efficace di ogni suggestione
è ciò che mette in azione automatica le associazioni e i processi mentali
dell’ascoltatore. E’ questa attività autonoma delle associazioni e dei
processi mentali dell’ascoltatore a creare l’esperienza ipnotica”
(pag.61). Erickson
spiega che il suo approccio è naturalistico nel senso che egli osservava con
estrema attenzione il comportamento spontaneo dei
pazienti e utilizzava
continuamente il loro linguaggio,
la loro visione del mondo e le loro risorse interne per aiutarli a risolvere i
loro problemi a loro modo. Da questo punto di vista l’approccio eriksoniano è
strategico ed il terapeuta ha un ruolo attivo nel fissare gli obiettivi,
pianificare il trattamento, attuare gli interventi messi a punto per raggiungere
gli obiettivi stabiliti. Erickson riteneva che le persone hanno dentro di sé
tutte le risorse necessarie a risolvere i propri problemi, ma che, tuttavia, in
taluni contesti non sembrano in grado di reperire tali risorse, vuoi perché non
credono che la risorsa esista, vuoi perché la rete sociale non incoraggia o non
permette alle risorse di venir fuori in un determinato contesto.
L’organizzazione delle reti sociali permette e rinforza certi ruoli e ne
bandisce altri. I ruoli sociali che un individuo ha appreso e che ci si aspetta
che egli interpreti delimitano le
comunicazioni che sono possibili o accettabili. La comunicazione rinforza il
sistema di credenze e le credenze conscie limitano le risorse inconsce.
Distraendo la mente conscia e il suo sistema di credenze limitanti, il normale
quadro di riferimento di una persona viene temporaneamente sospeso. Questa
alterazione crea la ricettività terapeutica o l’opportunità che la persona
recuperi ed esperimenti le abilità naturali che erano state dimenticate,
date per scontate o ripudiate a causa delle pressioni e delle aspettative
sociali. Queste ritrovate abilità naturali
vengono poi associate agli
stimoli tipici della rete sociale, di
modo che, quando l’individuo
incontra la rete sociale e percepisce lo stimolo originale le opzioni nuove o
non usate in precedenza sono ora possibili.
Gli stimoli non fanno più scattare
le associazioni negative o limitanti della persona, bensì fanno scattare
le associazioni con le abilità personali. Si è verificata così una
ri-associazione delle esperienze di vita. Poiché solitamente le risorse vengono
recuperate e ri-associate attraverso tecniche indirette, il paziente è spesso
ignaro dei risultati della terapia fintanto che il tempo e le esperienze con
altri significativi non gli danno l’opportunità di notare i cambiamenti. Milton
Erickson è scomparso nel 1980, lasciando in eredità un gruppo di seguaci
spesso zelanti, un numero rilevante di importanti contributi al settore, nonché
svariate scuole collaterali di psicologia applicata, fondate sui principi
centrali della sua terapia strategica indiretta e della suggestione e fondate
altresì sugli ipotetici processi inconsci e sulle forme indirette della
comunicazione umana. Tra gli esempi, abbiamo il modello di terapia strategica di
Jay Haley, il modello interazionista MRI, le teorie sull’ipnosi di Erickson e
Rossi, la Programmazione Neurolinguistica (PNL), nonché una serie di ulteriori
sviluppi, come quelli da Lankton
e
Lankton (1983) e Gill
igan (1987). La moderna ricerca scientifica
sull’ipnosi, oltre che ad Erickson e Hull, è spesso associata con un periodo
di intensi studi sperimentali tra
la fine degli anni ‘50 e
l’inizio degli anni ’60 del XXI secolo, ad opera di personaggi eminenti come
J.P Sutcliffe
, T.X. Barber
, M.T. Orne
, E.R. Hilgard
, R.E. Shor e
T.R.
Sarbin
. L’opera di questi ricercatori ha molto influenzato l’attuale visione
scientifica dell’ipnosi, specialmente in medicina e psicoterapia. Rassegne
dettagliate sulla storia dell’ipnosi ci vengono da Shone
(1994a;
1994b); Gauld
(1992);
Dingwall
(1967-1968); Ellenberger
(1970);
Thornton
(1976);
Tinterow
(1970)
e Gibson
& Heap
(1991).
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IPNOSI
COME “TRATTAMENTO” ADDIZIONALE NEL CANCRO I
pnosi
nella gestione dell’ansia anticipatoria e del vomito nella chemioterapia Background
clinico L’intensificazione
dei programmi di chemioterapia ha prodotto una maggiore tossicità per i
pazienti affetti da cancro. Nausea e vomito (NV), le manifestazioni più comuni
della tossicità della chemioterapia, vengono considerate gli effetti
collaterali più problematici e debilitanti a cui vanno incontro i pazienti (Aapro,
1991). Fin troppo spesso questi sintomi sono debilitanti, e i pazienti non sono
fisicamente in grado di sottoporsi ad ulteriore chemioterapia, oppure sono così
stremati psicologicamente che essi o i loro familiari possono arrivare a
rifiutare i successivi trattamenti (Laszlo, 1983). Nell’ultimo decennio, i
progressi nella conoscenza della fisiologia e della farmacologia della nausea e
del vomito hanno aumentato la nostra capacità di controllare questi sintomi.
Farmaci anti-emetici di nuova generazione si sono dimostrati notevolmente
efficaci come agenti anti-emetici specifici e, in anni recenti, il trattamento
di NV associati alla chemioterapia citotossica ha fatto notevoli passi avanti (Andrews
& Davis, 1993, Bonneterre et al. 1990). Non si è tuttavia arrivati al
completo controllo di NV in tutti i pazienti. Gli agenti citotossici possono
indurre tre tipi di nausea-emesi: acuta, susseguente e anticipatoria. Molti
pazienti in chemioterapia hanno NV come anticipazione del trattamento, prima
dell’effettiva infusione degli agenti chemioterapici. In una eccellente
rassegna sulla nausea e il vomito anticipatori
(NVA),
Morrow e Dobkin (1988) osservano che i dati sulla prevalenza di 28 ricerche
dimostrano che circa il 25 % dei pazienti cancerosi in chemioterapia va incontro
a questo disturbo entro il quarto trattamento. Nausea e vomito anticipatori
hanno molteplici cause e possono essere concettualizzati come effetti del
condizionamento classico per cui i vari segnali temporo-spaziali, sensoriali e
cognitivi associati alla chemioterapia acquisiscono la stessa capacità di
elicitare l’emesi della chemioterapia stessa (Cull 1993). Gli effetti
meccanismi che sottendono a NVA sono sconosciuti e una volta che il disturbo si
è instaurato non esiste un trattamento farmacologico efficace.
Una
serie di ricerche controllate hanno dimostrato l’efficacia nel trattamento di
NVA di una varietà di interventi comportamentali, tra cui
l’ipnosi. I primi rapporti sull’impiego dell’ipnosi nel trattamento
di NVA si riferivano a singoli casi clinici (Dash 1980; Ellenberg et al., 1980;
LaBaw et al., 1975; Olness
1981; Olness & Gardner,
1988; LaClave & Blix, 1989; Zeltzer, 1980). Successivamente, parecchi studi
controllati hanno stabilito l’efficacia dell’ipnoterapia nell’alleviare,
negli adulti, la nausea e il vomito associati alla chemioterapia (Cotanch et al.
1985; Walker
et
al. 1988a; Syrjala et al. 1992). Sono
invece rare le ricerche condotte sui bambini, anche se Moher et al. (1984) sono
giunti alla conclusione che i piccoli pazienti siano più vulnerabili. In uno
studio randomizzato e controllato su 54 pazienti oncologici pediatrici, Zeltzer
et al. (1989) hanno riscontrato che l’ipnoterapia per la nausea era
significativamente più efficace del counselling di sostegno (distrazione senza
immaginazione) nel diminuire sia NV anticipatori, sia NV post-chemioterapia. In
seguito all’intervento la durata e la gravità di NV diminuivano del 31% nel
gruppo ipnosi e del 13% nel gruppo con counselling di sostegno. La
ricerca ha dimostrato che per alcuni trattamenti (training di rilassamento e
immaginazione guidata) gli effetti positivi diminuiscono ad ogni infusione di
chemioterapia, mentre l’ipnoterapia produce una risposta costante nel tempo (Walker
et
al. 1988b; 1991). Inoltre, trattamenti che sono di giovamento nel controllo di
NVA, potrebbero non esserlo con NV post-chemioterapia, e viceversa (Redd et al.
1982; Morrow & Dobkin, 1988). La
rassegna sul trattamento con l’ipnosi di questi disturbi mette in risalto i
punti critici nella valutazione dei risultati terapeutici specificamente
attribuibili all’ipnosi rispetto a quelli derivanti da fattori terapeuti
aspecifici, sia in situazioni cliniche sia in situazioni sperimentali (Frankel,
1987; Wadden & Anderton, 1982). La presente ricerca è stata messa a punto
per confrontare i risultati terapeutici che possono derivare dall’ipnosi con
quelli relativi a fattori terapeutici aspecifici. La
ricerca venne condotta da Liossi nel reparto di Ematologia-Oncologia
dell’Ospedale Pediatrico "Aglaia Kyriakou" di Atene (Hawkins
et
al. 1995). Trenta bambini
(e
i loro genitori) diedero il consenso a partecipare a questo studio. Tutti
parlavano la lingua greca, l’età era compresa tra 5 e 17 anni e la loro
diagnosi era sarcoma osteogenico. Dal momento della diagnosi erano trascorsi tra
i 4 e i 19 mesi. Tutti erano
affetti da gravi effetti collaterali, tipicamente nausea e vomito prima e dopo
la chemioterapia
. Furono esclusi dalla ricerca i pazienti che
avevano avuto precedenti esperienze con l’ipnosi, i pazienti che assumevano
farmaci anti-emetici per NVA ed i pazienti al di sotto dei cinque anni di età.
Tutti i pazienti selezionati accettarono di partecipare alla ricerca e il
drop-out dopo l’inizio fu pari a
zero. Dopo la valutazione di baseline della nausea e del vomito anticipatori
(vale
a dire i sintomi che si verificavano prima, durante o dopo i 15 minuti di
infusione) i bambini vennero assegnati in maniera casuale a uno di questi tre
gruppi di intervento: (1)
trattamento usuale, gruppo di controllo (TU); (2)
gruppo di controllo con contatto con il terapeuta (CT); (3)
training all’ipnosi (TI). Tutti
i bambini continuavano ad assumere farmaci antiemetici (ondansetron 30 minuti
prima della chemioterapia
) e farmaci citotossici (es. cisplatin,
ciclofosfamide). Nel
gruppo di training all’ipnosi, l’ipnosi fu indotta con il rilassamento e
tecniche di immaginazione visiva (luogo preferito, attività preferita,
programma TV preferito) seguiti da suggestioni di rilassamento, calma e fiducia
nel trattamento di chemioterapia. Questo per quanto riguarda la parte di
auto-ipnosi del training. Poi vennero date suggestioni indirette (metafore del
“lago” e del “giovane pirata” schematizzate più avanti) associate a
suggestioni di diminuzione di NVA. Vedi
te stesso che guarda un lago di alta montagna .......sta infuriando un temporale
e le acque sono molto agitate, con onde altissime........senti il rumore del
vento che soffia sull’acqua..............senti come ti soffia in faccia e
senti la temperatura dell’aria................ poi ti accorgi che un raggio di
sole solitario sta penetrando tra le nuvole..........porta sul lago una luce
brillante e pacifica..............il vento cessa e con grande naturalezza le
acque si fanno calme e tranquille................... la luce del sole risplende
ovunque ............. la superficie del lago è ora piatta e tranquilla
(adattata da Levitan
, 1990). Ti
racconterò la storia di un giovane che era un lottatore senza
paura...........era al suo primo viaggio in mare...............infuriava la
tempesta ........... il mare era burrascoso con onde altissime , e il vento
soffiava fortissimo. La nave faceva su e giù............ su e giù nel mare in
tempesta e al giovane pirata venne il mal di mare e voleva scendere dalla nave
............il capitano gli disse che lui era l’unico che avrebbe potuto
arrampicarsi sull’albero maestro ed ammainare la vela ...... egli si arrampicò
sull’albero maestro e sentiva il ruggito del mare sotto di lui, il rumore del
vento era assordante ed egli lo sentiva soffiargli in faccia e sulle mani
....... egli ammainò la vela e la nave si fece più tranquilla e calma.
.........egli aveva salvato la nave ........ e poi cominciò a splendere il
sole, e le acque brillavano alla luce del sole............ la superficie del
mare si fece piatta e calma ............. avevano raggiunto l’isola
............e trovarono il tesoro. [1]
(N.B. sostituire la
giovane pirata al posto de il giovane
pirata, ed ella al
posto di egli in caso di paziente
femmina). La
seduta terminò con la suggestione post-ipnotica che la piacevole esperienza
sarebbe stata ripetuta all’ospedale nei giorni in cui era in programma la
chemioterapia
. Ai bambini fu chiesto di praticare
l’autoipnosi a casa prima di rientrare in ospedale, ma evidenze aneddotiche
indicano che la raccomandazione non fu seguita. L’effettiva infusione di
chemioterapia era in programma entro i cinque giorni seguenti. Una volta entrati
in ospedale, i pazienti parteciparono a una seduta “di richiamo” di 20
minuti. Ai bambini del gruppo ipnosi fu chiesto di praticare l’esercizio che
avevano appreso nelle sessioni di training (immaginare l’attività preferita o
il programma televisivo preferito) prima della chemioterapia. I bambini le
incominciarono con l’incoraggiamento dei genitori, nell’arco di tempo da
fino a quattro ore prima a 15 minuti dopo l’infusione.
Non abbiamo informazioni sul tempo totale che i pazienti trascorsero in
ipnosi, ma sappiamo che non è stato continuativo.
In quest’arco di tempo l’ipnoterapeuta non era presente. In
seguito all’intervento gli
episodi di conati di vomito diminuirono del 33 % nel gruppo ipnosi e dell’ 11
% nel gruppo di controllo con attenzione da parte del terapeuta. Si verificò un
aumento dei sintomi del 6 % nel
gruppo di controllo (Fig. V). La gravità di NA diminuì del 40% nel gruppo
ipnosi e del 20% nel gruppo con contatto con il terapeuta. Nel gruppo di
controllo si verificò un aumento dell’ 11 % della NA (Fig. VI). Le analisi
statistiche dimostrano che l’ipnosi ebbe un impatto positivo sul controllo di
NVA rispetto al vomito. Questo risultato va a sostegno della precedente
letteratura (Walker
et
al. 1988; Zeltzer et al. 1989), indicando che la diminuzione di VA può essere
attribuita al training di ipnosi piuttosto che all’attenzione terapeutica
extra ricevuta. Non ci sono dati disponibili sulle successive infusioni di
chemioterapia rispetto al mantenimento del trattamento, ma colloqui informali
suggeriscono che gli effetti del trattamento restarono, dato che andrebbe a
sostegno dei risultati di Walker et al. (1991) con i pazienti adulti. Sono
tuttavia necessari ulteriori studi per valutare la stabilità degli effetti e la
possibilità che i miglioramenti possano
essere invertiti qualora il terapeuta diventi uno stimolo discriminativo di
nausea e vomito. Ciononostante, un controllo efficace di NVA nella prima
infusione, potrebbe essere sufficiente a trattenere il paziente in cura a
dispetto di successive diminuzioni di efficacia. Altre ricerche sono riferite da
Walker (1992).
____________________ [1]
La metafora del “giovane pirata” fu ideata seguendo le linee guida per
le suggestioni ipnotiche con i bambini
(Olness
, 1981; Zeltzer & LeBaron
, 1984). Essi notarono che spesso
l’ipnosi con i pazienti pediatrici è più efficace se è orientata
all’azione.
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